La Pasqua di S. Giuseppe

Alla vigilia di S. Giuseppe mi è giunto l’invito di mandare un pensierino pasquale per il bollettino parrocchiale del mio paese natio. Per me il 19 marzo è una data importante perché in questo giorno, di 60 anni fa, mi sono consacrato al Signore come Fratello della Sacra Famiglia. Ma più che la data è il personaggio ciò che ha una importanza e un significato profondo per me.

Pensare a S. Giuseppe è immaginare un uomo sereno, osservatore, riflessivo, pratico, gentile, lavoratore, premuroso. I vangeli non ci riportano nessuna parola sua, ma ce lo fanno vedere alle prese con decisioni non facili, in situazioni inedite. Insieme a Maria, viene distolto da uno schema di vita ordinario e tradizionale per intraprendere un percorso inconsueto, con tutta la parvenza della normalità. E con normalità assume responsabilmente una paternità diversa e più impegnativa. E lo fa giorno dopo giorno, seguendo un ritmo scandito dal lavoro, dalle feste di carattere religioso o tradizionale, dai pellegrinaggi e anche da un esilio forzato. E lui Giuseppe osserva, analizza, interpreta i segni del tempo e dei tempi, e prende insieme a Maria quelle decisioni che lo sintonizzano nell’ordito del progetto del Padre.

Una vita perciò che, secondo i canoni umani, non fa mai notizia. Una quotidianità sempre uguale nelle forme, ma sempre nuova nell’essenza, nella motivazione, nella progettualità. Il suo occhio di artigiano esperto, rende Giuseppe un veggente e una sentinella del mondo interiore. Da buon israelita, i salmi gli fioriscono sulle labbra al ritmo della pialla e del martello e gli garantiscono la calma sicurezza, necessaria a ogni buon padre di famiglia. Lo scambio di riflessioni, dapprima con Maria e più avanti anche con Gesù, costruiscono giorno dopo giorno, la sua impalcatura spirituale, unica e irripetibile, di uomo giusto e prudente che ha in affidamento il tesoro più bello che mai sia uscito dalle mani del Padre. Con semplicità e naturalezza compie, giorno dopo giorno, la sua vocazione di sposo e padre responsabile.

La tradizione ci consegna che S. Giuseppe, seguendo il solco di una esistenza, straordinaria e normale allo stesso tempo, arriva al fine corsa della sua vita. Maria e Gesù stringono quelle mani miti e callose che in ognuno dei suoi lavori avevano lasciato un tocco di affetto, di buon gusto e di precisione, come la firma di un bravo artista in calce a un lavoro ben fatto. È un congedo struggente e sereno allo stesso tempo. Mi piace pensare che quando Gesù è asceso al cielo, si è trovato Giuseppe a riceverlo con il suo corpo nuovo. Eh sì! Perché se è un dogma di fede che Maria è già in cielo con il corpo, chi ci vieta di credere che anche Giuseppe lo sia? Siccome “l’uomo non può separare ciò che Dio ha unito” (Mt 19,6), sarebbe abbastanza illogico pensare che in cielo solo Gesù e Maria siano presenti in anima e corpo e Giuseppe no.
Perciò con S. Giuseppe, nostro maestro e patriarca nella fede, auguro a tutti:
felice e sicura Pasqua!