Noir, un viaggio indimenticabile

Campo di lavoro e di amicizia agosto 2009
Cristina, Luca e Stefania

Decollo dal nostro veloce e frenetico mondo e atterraggio nella lentezza dell’Africa.All’arrivo nella capitale, Ouaga, ci immergiamo nei rumori e nel caos della città. Lungo la strada schiviamo motorini, muletti, polli e persone, tante che viene da chiedersi se le case siano abitate durante il giorno. Incontriamo i volti dei burkinabè durante la loro vita quotidiana ricevendo in cambio sguardi curiosi e interessati.

La mattina seguente partiamo per Nanoro: motorini, smog, alta velocità, colori, gente per strada, bancarelle, barrage, verde, rosso, nuvole, baobab, asini, carretti, stella di Nanoro, la moschea a sinistra, la chiesa a destra, la missione e i bambini che ci corrono incontro gridando nazara! Nei loro occhi si legge l’attesa del nostro arrivo e l’entusiasmo di condividere dei momenti insieme. Il desiderio di stare con noi e di assaggiare un po’ del nostro mondo li portava ad accompagnarci in ogni nostro spostamento, vivendo con noi tutte le nuove esperienze.

Abbiamo incontrato uomini e donne semplici che nonostante la loro povertà erano sempre disposti ad offrire quello che avevano senza pretendere nulla in cambio. Difficile rimanere indifferenti a tanta ospitalità che permette di superare le diversità e di sentirsi uniti da una solidarietà comune. Qui la concezione del tempo si capovolge: la giornata inizia all’alba e si conclude al tramonto e i ritmi umani seguono la lentezza della natura. Si vive nel presente senza pensare al futuro, mentre noi occidentali viviamo proiettati verso il futuro dimenticando il presente.

I Fratelli burkinabè ci hanno aiutato a capire come portano avanti i progetti nelle varie missioni, come sono nati, come si sono evoluti nel tempo e le difficoltà incontrate nel realizzarli. Poco meno di un mese in questo ombelico di mondo è bastato per farci tornare diversi, toccati in un punto della nostra anima che forse ancora non conoscevamo.

Qualcosa si muove, si sposta nell’ordine dei nostri pensieri e nascono nuove emozioni. Forse è stata la mano di un bambino stretta nella tua o gli sguardi potenti e spiazzanti di coloro che nascono, vivono di stenti e muoiono in questo Paese. O forse sono le risa che nonostante tutto si librano leggere nell’aria. Perché abbiamo visto caldi sorrisi illuminare i loro visi scuri, e grosse lacrime rigare quelle stesse guance.

Abbiamo giocato, parlato e discusso con le persone e i bambini di Nanoro senza conoscere granché delle rispettive lingue. Abbiamo imparato e rispettato alcune delle loro usanze ed esplorato le loro terre.Terre di cieli immensi e orizzonti infiniti, per-correndo strade terrose di sassi e buche; dove al mattino trionfano albe infuocate e la sera splendidi tramonti si specchiano sull’acqua immobile del barrage.

Abbiamo ammirato un cielo pieno di stelle tante quante sono le persone nel mondo, alcune più brillanti, altre più lontane e alcune che decidevano di attraversare svelte il cielo per perdersi dietro un angolo di universo, regalandoci per un solo secondo una scia luminosa, ultima testimone della loro esistenza millenaria.

E noi questa scia luminosa ce la siamo portati a casa, con la certezza di esser stati fortunati ad attraversare un pezzo di mondo tanto sorprendente e la speranza di aver lasciato qualcosa, oltre al nostro cuore.

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